«Se Salvini avesse voluto risolvere il problema dell' immigrazione, avrebbe colpito gli sfruttatori, e non i migranti». Intervista a Karima, mediatrice culturale

di Lapenna Daniele


Karima, mediatrice culturale che opera nei porti dove sbarcano i migranti, ci racconta la situazione attuale, i problemi della mala gestione dell' accoglienza, e gli effetti pericolosi del Decreto Salvini.
« Il problema non è il migrante, ma chi sfrutta il migrante » spiega Karima.
Il decreto Salvini andrà ad eliminare gli SPRAR, ovvero quel sistema virtuoso gestito dai Comuni e controllato da polizia e carabinieri a favore dei CAS, le strutture private che troppe volte hanno lucrato sull' accoglienza facendo affari per milioni di euro


Il 24 settembre scorso, il consiglio dei ministri si è riunito per approvare il decreto-legge (soprannominato "Decreto Salvini") inerente disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, oltre a temi sulla sicurezza pubblica ed altre misure.

Questo decreto ha suscitato subito delle polemiche perché andrebbe a stravolgere e peggiorare il sistema dell' accoglienza dei migranti, così come è stato spiegato ampiamente da vari quotidiani (link a fine articolo).

Le porte degli SPRAR (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati), dunque, saranno chiuse sia per i pochi che otterranno protezione umanitaria, sia per i richiedenti asilo: il Decreto-Salvini li confinerà obbligatoriamente nei CAS (Centri di Accoglienza Straordinaria), ovvero quelle strutture gestite dai privati (cooperative, alberghi, etc...) nei quali spesso hanno operato soggetti spregiudicati, intascando soldi pubblici, facendo vivere i migranti nelle strutture fatiscenti, ai quali centri, il Decreto non richiede maggiori controlli, aprendo ancor di più le porte a chi ha lucrato sull' accoglienza.

Nel 2016 intervistai Karima Sahbani, una mediatrice culturale che ha lavorato proprio nei porti dove sono stati accolti i migranti giunti dalle coste africane. Nell' articolo aveva accennato a delle emozioni provate, a dei problemi sull' accoglienza, senza dilungarsi troppo.
A distanza di due anni, ho voluto intervistarla per approfondire questi temi, cercando di capire la situazione attuale e gli effetti nel nuovo decreto.

INTERVISTA
  • Ciao Karima. Nel 2016 condivisi un post del tuo blog dove raccontavi la tua personale esperienza come mediatrice culturale nel porto di Salerno. Avevi affrontato tanti argomenti in quelle poche righe, ma andiamo per gradi.
    Visto che, ai più, risulta sconosciuto questo lavoro, potresti spiegarci qual è il ruolo del mediatore culturale?
Ricordo benissimo quel post, lo scrivemmo in occasione di uno degli sbarchi più duri che io abbia mai fatto. C’erano più di 1000 persone, pochissimi posti a sedere ed un’atmosfera difficile da reggere. Ti rispondo in merito al mio lavoro, quello della mediatrice linguistico-culturale.
Si tratta di un impiego piuttosto complesso ed articolato.
Ci sono diversi ambiti in cui interviene il mediatore. Ti parlo di quello che conosco più da vicino, il lavoro nei Centri di Accoglienza Straordinari (CAS) e negli SPRAR (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati).
Il mediatore si occupa di diversi aspetti legati alla vita del migrante. Innanzitutto, segue tutto il processo legato ai documenti: si parte dalla dichiarazione d’ospitalità all’ingresso nel centro, poi si prosegue con il foto segnalamento che permette di essere identificati e di fare domanda di protezione internazionale.
In secondo luogo (che poi va a braccetto con il primo punto), traduce in ogni istante e media tra i richiedenti asilo e il personale impiegato presso la struttura in cui questi risiedono.
Il mediatore, inoltre, deve essere presente durante i colloqui con lo psicologo, durante la fase iniziale dell’insegnamento dell’italiano L2 (specialmente se, come spesso capita, l’insegnante non è abilitato e non parla alcuna lingua veicolare), deve accompagnare l’utente presso questura, ospedale, si occupa di esenzione del ticket e medico di base e, negli spiacevoli casi in cui ciò si verifica, cerca di sedare le risse placando gli animi e mediando tra le parti.
Spesso, per semplificare il compito, nei centri vi è un mediatore che si occupa della parte sanitaria e uno che gestisce tutto l’iter burocratico per ottenere i documenti. Piccolo inciso: è raro trovare centri in cui i mediatori siano addirittura due!
Il mediatore, inoltre, lavora anche in tribunale, in ospedale, a scuola, negli istituti penitenziari.


  • Come si diventa mediatori culturali?
Non vi è un percorso uniforme. Vi è un percorso universitario e vi sono diversi corsi regionali. Il corso, per essere valido e riconosciuto ufficialmente, dovrebbe durare almeno 600 ore ma spesso alcuni corsi durano molto meno.
  • Esiste un albo come quello che ad esempio hanno i medici o gli avvocati?
Purtroppo no. Sto cercando di coinvolgere i miei colleghi al fine di creare un’associazione nazionale, con ramificazioni locali, che possa poi portare alla costituzione di un albo.
  • Quali sono i problemi che, oggi, devi affrontare nel tuo lavoro?
Di problemi ce ne sono tanti, ma quelli principali sono relativi alla mala accoglienza e alla gestione da parte delle strutture che non garantiscono alcun diritto e intendono lucrare sulla pelle dei richiedenti asilo.

Io stessa, per mettermi contro i gestori di un centro presso il quale ho lavorato, rei di aver causato enormi ritardi nell’emissione dei documenti a causa di una grande ignoranza in materia di immigrazione e accoglienza, mi sono ritrovata con un contratto non rinnovato.
  • A quanto sono riuscito ad apprendere consultando i vari siti, il mediatore culturale è inquadrato come liv. D2 del CCNL Cooperative Sociali (attualmente in fase di rinnovo), livello il quale, a quanto si legge, viene riconosciuto sulla base di un' ottima “conoscenza professionale teorica delle specialistiche di base e capacità tecniche elevate”. Il minimo contrattuale di questo livello è di 1,504,67 al mese.
    Il trattamento ricevuto dai mediatori è questo, oppure la realtà è diversa?
foto di repertorio
fonte
La realtà è piuttosto variegata. Una cosa è certa: i mediatori inquadrati secondo il CCNL Cooperative Sociali vigente sono ancora troppo pochi.
Ho fatto una brevissima inchiesta tra i miei colleghi. Il campione è di 28 mediatori. Tra di loro è emerso che in 12 hanno una forma di contratto diversa da quella prevista dal CCNL in questione, in 7 non hanno un contratto, in 5 percepiscono uno stipendio pari almeno alla paga base prevista dal CCNL, in 4 sono inquadrati come livello D2 ma percepiscono uno stipendio inferiore a quello stabilito.
  • C'è qualche tuo amico o comunque un mediatore che abbia denunciato queste illegalità?
Non so se tra i miei colleghi ci sia qualcuno che abbia denunciato queste difformità del settore. Ho sentito di alcuni operatori dell’Arci che hanno denunciato l’associazione perché non erano inquadrati in maniera conforme.
  • Il mediatore interviene quando ci sono sbarchi di persone che arrivano in Italia a bordo dei cosiddetti “barconi”. Tutti straparlano degli “immigrati” ma pochi conoscono la reale situazione non solo di ciò che avviene nelle loro nazioni, ma anche dei vari problemi che dovete affrontare voi nella vostra assistenza.
    Che situazioni hai trovato, davanti a te, quando hai partecipato all' accoglimento di queste persone?

Tutti straparlano degli immigrati perché è stato fatto un eccezionale lavoro di propaganda mediatica e politica. Prima con il decreto Minniti, ora con il decreto Salvini, l’attenzione degli italiani si è spostata tutta sugli immigrati che, a detta di molte persone, violentano le donne italiane, delinquono, sporcano, spacciano, rubano il lavoro [quello nei campi, pagato 3 euro l'ora o svolto in cambio di cibo - n.d.b]

Il problema dell’accoglienza, in Italia, non è costituito da chi arriva sui barconi, ma da chi gestisce i centri di accoglienza.
Ci si è mai chiesti perché l’accoglienza in Italia sia sempre stata gestita in ottica emergenziale? Si prendano ad esempio Inghilterra e Francia: in questi due Paesi le generazioni di immigrati quasi non si contano più. A parte il fenomeno delle periferie di Parigi o dei quartieri malfamati di Londra, fino a poco tempo fa si parlava di comunità di immigrati perfettamente integrate nel tessuto sociale. Ciò accadeva perché questi due Paesi, come anche altri, hanno sempre avuto una programmazione a lungo termine in materia di immigrazione.
Noi potevamo prevedere che il fenomeno degli sbarchi non sarebbe durato un giorno, eppure abbiamo fatto finta di nulla e non abbiamo messo in campo un serio progetto che guardasse al futuro.

Come dicevo, il problema sono i gestori dei centri di accoglienza straordinaria e dei vari CARA e altre tipologie di strutture.
L’unico sistema virtuoso, lo SPRAR, con l’attuale decreto Salvini verrà drasticamente ridimensionato se non eliminato del tutto. Parlo di sistema virtuoso perché è gestito dai Comuni e controllato in maniera molto più efficiente dalle forze di polizia e dai carabinieri.
I CAS (centri di accoglienza straordinaria)  e tutte le altre strutture di accoglienza straordinaria, invece, sono gestite da privati che si fiondano appena vengono pubblicati i bandi di gara relativi ai servizi di accoglienza.
Per ottenere maggiori profitti, buona percentuale dei servizi elencati su carta (nei cosiddetti schemi di capitolato d’appalto) non viene erogata: vengono somministrati pasti di qualità scadente, spesso preparati con cibi avariati, i corsi di italiano vengono improvvisati, non vi sono altri corsi di formazione, i medicinali vengono dati solo in casi gravi (o, per dare un effetto placebo, si somministrano vitamine), spesso si assume personale non qualificato o in numero ridotto rispetto a quanto previsto, si ritardano le pratiche dei permessi di soggiorno per trattenere più a lungo gli ospiti che fruttano 35€ al giorno (in realtà si tratta di aste al ribasso quindi la cifra è leggermente inferiore - a questi 35€, che servono per pagare personale, vitto, alloggio, medicinali ed altro, si sottraggono 2,50€ che costituiscono il pocket money erogato al singolo richiedente asilo).
Come ben capirete, il problema non è il migrante ma chi sfrutta il migrante. Se Salvini avesse davvero voluto risolvere il problema dell’immigrazione avrebbe colpito queste persone e non di certo chi arriva su un barcone.
  • Quali sono i problemi più evidenti e quelli più nascosti che molti di noi, che non abbiamo mai assistito, da co-protagonisti, ad uno sbarco di migranti, disconoscono?
Sicuramente i problemi maggiori sono legati alla disorganizzazione e alla disumanità di alcuni operatori, a volte appartenenti alle forze dell’ordine e costretti a fare il servizio d’ordine durante lo sbarco.
Quando ho fatto i primi sbarchi, nel 2015, mancavano le sedie, le penne per compilare i moduli, le visite mediche per i casi più urgenti venivano fatte in modo molto caotico, confusionario. Negli ultimi anni, le cose sono un po’ migliorate.
  • Avrai provato delle sensazioni brutte ma anche belle durante il tuo lavoro da mediatrice. Ce ne puoi raccontare almeno una?
Voglio raccontare delle sensazioni legate a due sbarchi in particolare.
La prima occasione mi ha provocato emozioni positive. Vi era un bambino di appena 7 giorni che era nato durante la traversata: non aveva ancora un nome, la madre non era stata ancora visitata. Nonostante tutto, lei era calma, sopportava il dolore con molta compostezza, e suo figlio, che strinsi tra le braccia, era calmo e dolce come lei. Ricordo ancora il calore di quel piccolo, piccolissimo sorriso.
Nonostante la concitazione di quei momenti erano loro che infondevano coraggio in noi.

La seconda occasione, invece, mi provoca ancora adesso una fitta al cuore.
Parlo del tragico sbarco in cui 26 donne nigeriane sono state calate morte, una ad una molto lentamente, da una gru sulla banchina del porto di Salerno. Ricordo la pesantezza dell’aria, il silenzio che straziava l’anima, lacrime che neanche uscivano. Ricordo di aver provato rabbia, ero lontana dalle bare ma mi sentivo l’odore della morte addosso. Non auguro a nessuno un’esperienza del genere, mai nella vita.
  • Siamo in un periodo dove la violenza contro chi “non è italiano” (attestazione dedotta frettolosamente dal colore della pelle e dai tratti somatici) viene preso di mira, denigrato, persino picchiato preso a colpi di fucile, invitato a « tornarsene nel proprio Paese ».
    Secondo te, è colpa dell' ignoranza mentale delle persone, innaffiata dagli slogan razzisti dei politici ora al governo, oppure di un disagio emotivo più profondo che porta a cercare, come causa dei propri problemi, chi è più facile da colpire?
Credo che sia colpa di entrambi gli aspetti che elenchi. In Italia abbiamo un altissimo tasso di analfabeti funzionali e questo la dice lunga sullo stato del Paese.
Per quanto riguarda il disagio emotivo, credo esso sia stato causato soprattutto da una forzata globalizzazione e da un eccessivo e sfrenato consumismo. Mi spiego meglio: ci riempiamo di oggetti inutili e costosi per colmare le lacune dell’anima. Se a questo aggiungiamo la disoccupazione, i tagli a sanità, istruzione e settore sociale in genere ci ritroviamo in un Paese stracolmo di problemi. E i governi cosa fanno? Trovano un capro espiatorio per deviare l’attenzione pubblica.
I tempi sono bui, bisogna costruire un fronte di resistenza. O adesso o mai più.
  • Ti vorrei domandare “cosa sogni per il tuo futuro?” ma, siccome spesso i sogni sono irrealizzabili, dacché splendide utopie, ti chiedo: quali obiettivi vorresti raggiungere da qui al futuro prossimo?
A me piace essere una sognatrice quindi ti dirò che di sogni ne ho principalmente due: uno riguarda la mia vita e uno la società in cui vivo. Per me sogno una famiglia, un lavoro e una casa (come molti, d’altronde).
Per la società in cui vivo sogno la caduta di questo governo e la riscoperta dei valori fondamentali della convivenza civile, tra cui rispetto per sé stessi e per il prossimo, tolleranza, accettazione dell’altro, lealtà, fedeltà.
 

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