Legge di Stabilità: novità negative per i pensionati del futuro
Non solo la legge di stabilità ha fatto ben poco per riformare le pensioni nel segno di una maggiore equità. Ma all'orizzonte si intravedono nuvole grigie in virtù dell'entrata in vigore dei nuovi requisiti previsti nella legge Fornero. In buona sostanza, il sistema previdenziale diventerà più rigido e ritirarsi dal lavoro non sarà così semplice. La buona notizia è piuttosto rappresenta dal ritorno della perequazione automatica: dal gennaio del 2014, sarà previsto incremento degli assegni INPS in base all'inflazione registrata nei 12 mesi precedenti. Non ci sarà una grande crescita, ma è pur sempre un timido passo in avanti.
LE NUOVE LEGGI IN VIGORE
In base alla nuove regole in vigore, i requisiti per andare in pensione sono fissati a 42 anni e 6 mesi di contributi per gli uomini, e a 41 anni e 6 mesi per le donne. Sarà dunque necessario lavorare un mese in più per ottenere la pensione anticipata. Se dal 2018 l'età fra uomini e donne sarà equiparata a 67 anni, le norme introdotte dal precedente esecutivo stabiliscono aumenti nel privato nei requisiti anagrafici per la pensione di vecchiaia per le donne: 63 anni e 9 mesi per le dipendenti e 64 anni e 9 mesi per le autonome. Per gli uomini, in entrambe le categorie, sono di 66 anni e 3 mesi, alla stregua delle donne nel comparto pubblico. Modificata anche l'età della pensione anticipata: 42 anni e 5 mesi di contributi per gli uomini, 41 anni e 5 mesi per le donne.
CONTRIBUTO DALLE "PENSIONI D' ORO"
A ogni modo, qualcosa potrebbe cambiare con l'arrivo della legge di stabilità alla Camera dei deputati. Fra i fronti aperti, infatti, c'è anche quello delle pensioni. In particolare, uno dei punti che potrebbe essere affrontato è lo sblocco dell'indicizzazione al costo della vita degli assegni più elevati. Per il resto, il decreto approvato dal Senato prevede un prelievo aggiuntivo sulle pensioni d'oro ovvero quelle superiori a 90.000 euro per finanziare il reddito minimo garantito. Il contributo sarà prima del 6% per poi salire al 12% sopra i 128.000 euro e raggiungere il 18% per gli assegni maggiori di 193.000 euro.
Da quando l'INPS ha assorbito l'INPDAP, cioè l'ente pensionistico dei dipendenti pubblici, i conti gli sono andati, e lo saranno per un bel po', in rosso.
RispondiEliminaCome sempre a pagare sono sempre i soliti, cioè tutti.
Nel mio futuro, la parola "pensione" sparira dai dizionari di italiano.....
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