Quando una dipendenza può distruggerti la vita. Intervista allo psicoterapeuta Giovanni Delogu


Droghe, sigarette, alimenti, internet, giochi d'azzardo sono solo alcune delle dipendenze che troppo spesso conducono una persona ad entrare in un circolo vizioso pericoloso che può danneggiare la propria, e la vita altrui. Quali sono le cause? Come agisce la mente in questi casi? Come uscirne?
Ne parliamo con lo psicologo e psicoterapeuta Giovanni Delogu


La dipendenza da sostanze viene definita, dall’ Organizzazione Mondiale della Sanità, come “uno stato psichico e talora fisico, derivante dall’interazione con una sostanza, che determina modificazioni del comportamento e la necessità di assumere questa, per ottenere gli stessi effetti psichici ed evitare la sindrome da astinenza”.
Oggi, secondo le statistiche degli ultimi anni del Ministero della Salute, gli italiani che fanno uso di droghe sono il 22% degli adulti tra i 15 e i 64 anni e questo dato colloca il nostro Paese tra i vertici della classifica europea delle nazioni dove vi è un maggior consumo di droghe. In cima alla classifica delle droghe più utilizzate ritroviamo la cocaina, assunta da 3,5 milioni di individui (l’1% del totale) di cui 2,3 milioni di giovani con meno di 34 anni.

Ma la parola "droga", però, ci porta alla mente diverse altre dipendenze visto che, nel linguaggio comune, si è soliti utilizzare la parola anche quando non si riesce a smettere di fumare sigarette, di bere bevande gassate e zuccherate, o anche di bere meno caffè al giorno (che diviene un' abitudine irrinunciabile), di mangiare ossessivamente più volte al giorno oppure il non mangiare proprio, sino alle dipendenze da giochi come poker on line e lotterie istantanee (gratta e vinci, lotto, etc..).
Si è dipendenti da una sostanza (alimento o no) ma anche da certi comportamenti che reiteriamo più volte al giorno, per tutto il corso della nostra vita.
Sono tutte realmente delle dipendenze? Possono realmente creare dei problemi alla nostra, ma anche alla vita delle persone che ci sono vicino?

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È DA SOTTOVALUTARE »

Giovanni Delogu è psicologo psicoterapeuta laureato all’Università degli Studi di Cagliari e specializzato in psicoterapiapresso la SIIPE - Scuola Italiana di Ipnosi e Psicoterapia Ericksoniana - di Roma e terapeuta certificato EMDR 2° livello. Il dr. Delogu si è occupato anche di ipnosi medica con pazienti con dolore cronico benigno e di origine neoplastica presso l’ambulatorio di Terapia del Dolore dell’Ospedale Oncologico Businco di Cagliari.

In questa intervista cercheremo di capire se c'è una differenza tra le varie dipendenze, da dove hanno origine, come si sviluppano e come si curano.

Dottor Delogu, al di là della questione organica del tipo di sostanza è possibile, almeno sotto il punto di vista psicologico, porre sullo stesso piano le varie dipendenze come quella dal fumo, da sostanze stupefacenti e persino da alimenti e bevande?

Ci sono dei forti punti in comune tra le diverse forme di dipendenza, e mi riferisco agli studi sul comportamentismo di rinforzo positivo e rinforzo negativo: maggiore è il grado di attribuzione psichica alla sostanza, maggiore sarà il rinforzo positivo.
Faccio l’esempio della sigaretta: ci sono persone che iniziano a fumare come unica forma di autonomia personale. Se i tuoi genitori decidono tutto per te e l’unica possibilità di libera scelta è se fumare o non fumare, caricherai il fumo di un significato psicologico molto importante: se fumo sono libero; se scelgo di non fumare continuerò a essere il loro burattino. 

Quindi, l’approccio alla sigaretta sarà di sollievo e gratificazione, ci si sentirà adulti. Col passare degli anni, quando il fumatore rimarrà senza sigarette inizierà a sentire il bisogno di fumare, e avvertirà uno stato di tensione crescente col passare delle ore (crisi di astinenza). Accendere una sigaretta farà sparire lo stato di tensione, quindi è un ottimo ansiolitico nel breve termine, ma nel lungo termine rinforza lo stato di tensione quando mancano le sigarette.
E’ un meccanismo semplice che si ripete sempre uguale: più trovo una soluzione esterna a me che mi toglie la sofferenza, più starò male se questa viene a mancare.
Questo è il concetto di rinforzo negativo, che vale per tutte le forme di dipendenza, anche la dipendenza affettiva.  

Quando si parla con un fumatore (io non lo sono, per questo lo chiedo) o ex-fumatore, si ascoltano spesso delle frasi che si collegano più alle abitudini che al piacere della sostanza. Si parla, ad esempio, della classica "sigaretta dopo il caffè" come se si seguisse un rituale più che un bisogno fisiologico. È realmente così?

Ci sono alimenti che innescano il bisogno di fumare. Il caffè, essendo una sostanza stimolante psicoattiva, attiva il richiamo della sigaretta. Ma c’è anche per un discorso associativo gustativo: l’amaro del caffè richiama il sapore della sigaretta, e ne fa venire voglia. Non si tratta di una ritualità, quanto di un nesso associativo attivante. Vale lo stesso discorso per il cioccolato, specie se fondente, anch’esso un alcaloide.

Molte persone sono dipendenti dalla quantità degli alimenti ingeriti (troppo o poco), mentre altri sono dipendenti solo da un determinato alimento o bevanda. Penso ad esempio, nel caso delle bevande, ai giovani che abusano di alcol o bevande gassate zuccherate, altri (anche meno giovani) di molti caffé al giorno. È una reale dipendenza (anche non in presenza di problemi di salute) oppure si esagera nel considerare la questione come problematica?

La bulimia e l’anoressia sono dei disturbi alimentari profondamente diversi, ed è miope inquadrarli come una “dipendenza dalla quantità”. L’anoressica ha un dismorfismo corporeo e si vede grassa anche se pesa 50 kg, pertanto adotta una condotta di restrizione alimentare (e non solo) per perdere peso. Non è una dipendenza dal poco cibo.
La bulimica e la binge eater, alterna periodi di dieta regolare a momenti di perdita del controllo con abbuffate compulsive, come fenomeno compensatorio di una grave insoddisfazione e sentimenti di vuoto affettivo. Non è affatto una dipendenza dal mangiare troppo. 
Ci sono poi casi di persone che per cause percettive traggono un piacere smodato dal mangiare dolci e carboidrati, che mangiano in continuazione, sono quelle persone gravemente obese (over 150 kg) che sono protagonisti di certi programmi televisivi americani. Personalmente non ne ho mai incontrato, ma dubito che non ci sia una concausa di compensazione affettiva. 

L’abuso di alcol può portare verso l’alcolismo, che dà una grave dipendenza fisica e psicologica. L’uso di alcol ha sempre un rinforzo sociale, e solo in pochi casi si arriva a una vera e propria dipendenza. Anche lì, cause psichiche affettive e una struttura di personalità giocano un ruolo predisponente verso un disturbo da abuso.
Il caffè contiene caffeina, un alcaloide psicoattivo che dà dipendenza. Questo è il motivo per il quale ci soni persone dipendenti dalla coca cola, dal té freddo e dal caffè. 

Tutte queste elencate sono disturbi psichiatrici diversi, con effetti diversi. Per la persona, identificare un comportamento come “problematico” nasce dal deterioramento della qualità di vita. Per alcune persone tirare di cocaina una volta alla settimana non è un problema, perché riescono a far coesistere famiglia, lavoro, amici, con la sostanza. Altri perdono il controllo della sostanza e iniziano ad abusarne senza limiti a discapito del lavoro e delle relazioni. Quindi c’è  un gap importante: per i clinici l’uso di sostanze psicoattive è un allarme sociale, mentre per il soggetto può rientrare nella normalità.

Esistono dipendenze relative non all'assunzione di una sostanza, ma ad uno o una serie di comportamenti che danneggiano sé stessi ma anche gli altri?
Anche queste sono dipendenze da non sottovalutare?

Nessuna dipendenza è da sottovalutare, può essere a volte più complicato trattare un tabagista di un cocainomane.
Tra le dipendenze non da sostanze, indubbiamente rientrano:
  • la dipendenza da internet
  • la dipendenza dalla pornografia su internet
  • la dipendenza dal poker online
  • lo shopping compulsivo
  • il trading online, pericoloso per chi non ha una ottima tenuta psichica e cade nel tranello del recupero dei soldi persi

Nel suo lavoro di psicologo e psicoterapeuta, ricorda qualche caso di dipendenza che l'ha colpito?

Ricordo di un ragazzo che venne da me, fumava 2 pacchetti di sigarette al giorno. Continuò a fumare nonostante a causa del fumo gli fossero caduti gli incisivi. Gli misero degli impianti, e continuò a fumare nonostante il dentista l’avesse messo in guardia: o smetti o perderai anche gli impianti. Mi disse che non avrebbe rinunciato al fumo nemmeno se avesse perso tutto: lavoro, famiglia, figli. Sperava che con l’ipnosi gli facessi “dimenticare le sigarette”. Cercava un santone, non uno psicoterapeuta. La terapia fallì, e lui continuò a fare ciò che si era promesso: fumare fino alla morte.

Ricordo invece un ragazzo con gravi problemi di alcolismo: quasi ogni giorno era ubriaco, beveva anche da solo. Quando era ubriaco la sua personalità cambiava e diventava violento e pericoloso, provocava delle risse, aveva picchiato la fidanzata, aveva distrutto la macchina in un incidente e l’avevano portato in questura. Venne da me profondamente frustrato per i guai che aveva combinato e dei quali non aveva molti ricordi. Procedemmo con una psicoterapia, e in pochi mesi riprese in mano la sua vita. Oggi ha ripreso in mano la sua vita, ha uno stile di vita regolare e ha sostenuto parecchi esami all’università. Non ha più avuto ricadute.

Come interviene lo psicoterapeuta in presenza di assuefazioni da sostanze o comportamenti?
Esistono terapie distinte? Quali?

Esistono decine di forme di psicoterapia, psicanalitica, gestalt, transazionale, cognitivo-comportamentale standard, cognitiva post-razionalista, cognitiva della terza ondata (midnfulness, ACT, schema therapy), sistemico-relazionale, breve strategica etc. Dovrei scrivere un trattato per spiegare come funziona ciascuna terapia, posso però parlare di come mi muovo io in queste situazioni.
Premetto che il mio approccio è integrato tra ipnosi e terapia cognitivo comportamentale/schema therapy, EMDR, diciamo “ipnosi cognitivista”. A grandi linee si lavora su 3 livelli: 
  1.  elaborazione dei ricordi del passato che alimentano la dipendenza;
  2. tecniche comportamentali che gestire il craving;
  3. lavoro per la prevenzione delle ricadute.
Il collaudo è estremamente importante, e con il turbo dell’ipnosi e dell’autoipnosi è possibile avere dei risultati importanti anche in 3 sedute, come l’estinzione del comportamento.

Perché non si riesce a smettere nella propria dipendenza? Cosa scatta, in generale, nel cervello quando si assume quella determinata sostanza o si attua quel determinato comportamento?

Come ho già accennato, solo una piccola parte dei consumatori di cocaina diventa cocainomane. Non è possibile sapere in anticipo se siamo predisposti o meno verso una tossicodipendenza. E’ una roulette russa: c’è chi smette, c’è chi si infogna con sostanze difficili da gestire
Nel cervello queste sostanze si legano a determinati recettori dando, a seconda della sostanza, differenti effetti. La cocaina può essere sniffata, fumata, iniettata, producendo effetti diversi soltanto cambiando la modalità di assunzione. Iniettarsi la coca per esempio dà una “botta” molto forte, che induce un craving violentissimo, cui segue un down altrettanto forte.

Oltre a spiegare cosa fare, le chiederei, cosa non si dovrebbe fare per restare nel circolo vizioso della dipendenza? E come si dovrebbe comportare chi si accorge di un amico o famigliare che ha una dipendenza che gli sta distruggendo la vita?

Per uscire dal circolo della dipendenza, bisogna prima specificare quale dipendenza.
Ogni dipendenza ha un suo trattamento e non si può generalizzare. Per esempio, il metadone può andar bene per l’eroinomane, ma non è adatto per il cocainomane, o per chi usa metanfetamina. 
Il linea generale la prima cosa da fare è uscire dal giro di chi usa certe sostanze, rivolgersi a un personale qualificato, sopratutto che abbia una vasta esperienza bel campo delle dipendenze. Questo è fondamentale
Nel caso dell’amico o familiare con problemi di dipendenza, sicuramente parlargli e ascoltarlo per dargli consapevolezza della dimensione del problema. Però se la decisione di troncare con la sostanza non parte da lui, c’è ben poco che si può fare, a parte mandarlo via di casa laddove possibile.

Consiglia una terapia psicologica dove il suo paziente sia in seduta assieme ad un proprio caro? Oppure una dipendenza va affrontata da soli, a tu per tu solo con lo psicoterapeuta?

Nella mia esperienza il lavoro da svolgere è individuale. Può avere senso convocare un parente se c’è un’utilità terapeutica nel farlo, ma non farei partire in questo modo una terapia.

È possibile riuscire a superare completamente una dipendenza oppure ci sarà sempre il rischio di ricaderci di nuovo?
Un rischio, seppur minimo, esiste, soprattutto se si frequentano persone che appartengono ai giri della droga. Ma fuori da questi contesti, è molto difficile che un ex cocainomane si svegli una mattina e decida di andare in un quartiere malfamato apposta per comprare droga
In ogni caso la dipendenza lascia sempre dei segni, e bisogna tenere sempre alta la guardia. Ciò non toglie che ci sono persone che hanno chiuso per sempre con la dipendenza.

Dottor Delogu, come ultima domanda le chiedo: cosa consiglia a chi riesce, anche per un attimo, a rendersi conto di avere una patologia di questo genere ma a non riuscire ad uscirne fuori?
Cercare un aiuto professionale da parte di persone esperte. 


Ha collaborato:


Il Dott. Giovanni Delogu
Psicologo – Psicoterapeuta
specializzato in ansia, panico, fobie, disturbi alimentari, ipnosi, autostima, dipendenza affettiva, narcisismo, depressione, fobie,
ansia anticipatoria

Tel. 3473095315
Via Tuveri, 72 - 09129 Cagliari
email:  g.delogu@me.com
sito: www.giovannidelogu.it
Facebook:https://www.facebook.com/DottGiovanniDelogu



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