Guarito dall' Epatite C grazie ai farmaci indiani

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La storia di Marco, paziente trentino, che è volato in India per procurarsi i farmaci: « In Italia servivano 74 mila euro, in India ne ho spesi solo 700». Le sue parole « Le medicine che mi sono procurato in India erano prodotte da una delle aziende che vendono i farmaci in Italia. E dire che su internet dicevano che i farmaci indiani non funzionavano »

TRENTO. Marco - il paziente trentino che era volato in India ad acquistare a basso costo i farmaci contro l’Epatite C - è guarito.
Il Trentino ha raccontato la sua storia a inizio agosto, quando la terapia era ancora in corso, ma nei giorni scorsi è arrivata la conferma: secondo gli ultimi esami nel suo sangue non c’è più traccia del virus, insomma è guarito. Tutto merito di una scatola di medicine pagate 700 euro invece dei 74 mila euro che avrebbe dovuto spendere in Italia. Perché a quelli come lui - pazienti che sono nella fase iniziale della malattia - la sanità italiana non garantisce i nuovi farmaci, troppo costosi per essere somministrati a tutti i pazienti che ne avrebbero bisogno. Dicono i medici che l’Epatite C ha tempi molto lunghi, che si tratta di pazienti che possono aspettare per dare la precedenza ai pazienti gravi, quelli in attesa di trapianto di fegato, quelli per cui è questione di vita o di morte. Ma lui - Marco, 43 anni, residente in Valsugana - non ha perso tempo ed è volato in India dove - con l’appoggio di un sacerdote - è diventato il protagonista di una vicenda sanitaria di frontiera all’epoca della globalizzazione.

E’ stato lui stesso a dare notizia della guarigiorne venerdì scorso, dopo l’ultimo esame all’ospedale Santa Chiara: «La terapia è finita e sono guarito, anche se in realtà sarebbe previsto un ultimo esame tra un mese, ma i medici mi hanno detto che ragionevolmente non ci sono più dubbi» ha detto.

Marco ripercorre le tappe di questa storia e si toglie anche un peso perché questa cura con i farmaci acquistati di tasca propria l’ha dovuta affrontare a proprio rischio:

 «Ho avuto la fortuna di avere un contatto in India, ma per il resto è stato tutto molto semplice: mi sono rivolto a un ospedale privato dove mi hanno visitato e quindi mi hanno prescritto i farmaci che ho comprato in farmacia. Ho ancora le ricevute. All’aeroporto non ci sono stati problemi. Quindi sono stato seguito dai medici trentini, ma mi sono dovuto assumere personalmente la responsabilità di questa cura. Ma alla fine è emerso che le medicine che mi sono procurato in India erano prodotte da una delle aziende che vendono i farmaci in Italia. E dire che su internet dicevano che i farmaci indiani non funzionavano. Fa impressione pensare che ho speso 700 euro invece di 74 mila euro (prezzo ai privati) oppure 37 mila euro (prezzo alla sanità italiana). Tutto questo dà l’idea degli enormi guadagni che ci sono nel settore farmaceutico, anche se mi rendo conto che sono guarito grazie ai grandi investimenti in ricerca che fanno queste aziende».

A Marco è rimasto il dubbio su come sia venuto a contatto con il virus (forse un intervento chirurgico, forse una seduta dentistica) ma questo ormai ha poca importanza.
«In molti si rivolgono a me cercando aiuto e informazioni sull’acquisto di questi farmaci in India» racconta. «E mi sono attivato per dare una mano ad alcune persone che, come me, non vogliono attendere che la loro salute peggiori per avere accesso al farmaco».

Intanto l’azienda sanitaria di Trento la primavera scorsa ha stanziato circa 5 milioni di euro per garantire le cure con i nuovi farmaci a circa 120 pazienti, con la speranza che l’ingresso sul mercato dei prodotti di altre case farmaceutiche faccia scendere i prezzi con la possibilità quindi di garantire le terapie a un maggior numero di pazienti. Nel frattempo un paziente ha fatto causa all’azienda per avere ugualmente il farmaco, altri l’hanno acquistato (a caro prezzo) sul mercato italiano.


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