Cassazione: la perdita di lavoro non costituisce grave danno. Condannato imprenditore in crisi che non pagò le tasse per privilegiare gli stipendi dei dipendenti


Misteri della vita. Una sentenza della corte di Cassazione sostiene che la perdita del lavoro non costituisce un «grave danno alla persona». Questo per quel che riguarda il codice penale.
Per questa ragione, l'imprenditore che non paga le tasse per poter pagare gli stipendi ai suoi dipendenti e «salvarli dalla disoccupazione» deve essere condannato.
Lo prevede la Cassazione, che in una recente sentenza ha confermato i quattro mesi di reclusione inflitti dalla Corte d'appello di Torino a un imprenditore del Cuneese.
 
Il datore di lavoro era stato accusato di mancato versamento dell'Iva (anno di imposta 2006) per circa 300mila euro. Davanti ai magistrati l'imprenditore aveva accampato come giustificazione il fatto che l'azienda era caduta in una grave crisi di liquidità e che lui aveva preferito privilegiare il pagamento degli stipendi per salvaguardare il loro posto di lavoro. L'imputato aveva invocato lo «stato di necessità», che in base al codice esclude la punibilità di chi ha commesso un fatto per «salvare sé o altri dal pericolo di un danno grave alla persona».

La sentenza ha ribadito che «Pur essendo fuori discussione che il diritto al lavoro è costituzionalmente garantito, e che il lavoro contribuisce alla formazione e allo sviluppo della persona umana, deve escludersi tuttavia che la sua perdita costituisca, in quanto tale, un grave danno alla persona», sotto il profilo dell'articolo 54 del codice penale (lo «stato di necessità»).

La sentenza fa discutere, sia in linea di principio, sul valore del lavoro per le persone, sia rispetto al fatto che altre sentenze, in particolare nel civile, hanno sostenuto il contrario. Le sentenze della Cassazione sezione civile da anni ribadiscono infatti che di fronte a due diritti lesi quello del lavoro resti preminente.
Come è possibile che la Cassazione abbia due visioni diverse del peso e dell'importanza del lavoro?

Commenti

  1. Allora, Dani... dopo aver svolto attente e minuziose indagini si dovrebbe capire se l'imprenditore ha effettivamente evaso l'IVA per pagare gli stipendi ai dipendenti.
    Se non è un evasore riconosciuto come tale per abitudine, (nel senso che abitualmente pagava le tasse) non dico che andrebbe premiato ma sicuramente aiutato.
    Se è un evasore fiscale abituale o se i soldi per pagare le tasse comunque li aveva in Svizzera o in qualche altra parte del mondo allora andava punito.

    Il diritto al lavoro sancito dalla nostra Costituzione è sacrosanto, Perderlo è un danno alla persona. Un danno morale e anche fisico. Quanti si suicidano per questo motivo????

    E se provassimo con il giudice che ha emesso questa sentenza? Togliergli lavoro e stipendio per un anno ma fargli pagare ugualmente le tasse sopra allla retribuzione che non percepisce? Poi le tasse per la casa e ilor e addizinali varie...
    Proviamo? Poi vediamo se mantiene la stessa idea... :))))





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    Risposte
    1. E non ci vuol molto a scoprirlo.
      Però se andiamo a vedere il peso delle pene sui reati, ci accorgiamo che l' evasione fiscale è punita peggio dei reati di furto.

      Le tasse sono l' obbligo più obbligo per uno Stato: niente può scavalcare il diritto dello Stato di incassare i tributi, neanche la necessità dell' individuo.
      Eppure, uno Stato è composto proprio da tanti individui.

      Non è assurdo?

      Ciao Patri!

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    2. a volte temo che Italia sia sinonimo di assurdo....
      ciao stella!

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    3. simili accadimenti confermano la teoria di Einstein sulla non finitezza della stupidità umana... o si tratta solo di amorale superficialità ?!?!

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    4. Forse è un mettere lo Stato davanti ai cittadini, quando sono i cittadini a reggere lo Stato..

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