I blog non sono stampa clandestina: la cassazione assolve Carlo Ruta,confermando che un blog non deve esser registrato al tribunale


Roma -
Dopo un decennio di tribolazioni giudiziarie, i blog ritrovano la loro libertà. A sciogliere ogni dubbio sui “diari digitali” è stata la Corte di Cassazione, che con una sentenza ha sancito che i blog non sono testate giornalistiche, e per questo non devono essere registrate in tribunale. Proprio per questo non possono essere chiusi in base al reato di stampa clandestina, previsto dalla legge 47 del 1948, meglio conosciuta come legge sulla stampa.

La terza sezione penale della Cassazione si è pronunciata sulla vicenda di Carlo Ruta, giornalista e blogger siciliano che nel 2004 era stato condannato per diffamazione e stampa clandestina.
Ruta era stato querelato dal Procuratore della Repubblica di Ragusa, Agostino Fera, per aver pubblicato sul suo blog “Accade in Sicilia” alcuni documenti sull’assassinio di Giovanni Spampinato, ucciso nel 1972. Nel 2008, a fine processo, il Tribunale di Modica condanna Ruta: secondo il giudice il blog è equivalente a una testata giornalistica, e quindi senza la registrazione al tribunale è una pubblicazione “clandestina”. Nel 2011 la Corte di Appello di Catania conferma la sentenza. A maggio 2012, grazie alla Cassazione, Carlo Ruta può finalmente tirare un sospiro di sollievo.

Ma il popolo della Rete non può ancora cantare vittoria. In Italia le leggi su blog, social network e tutto il mondo 2.0 sono pressochè inesistenti, e spesso si fa riferimento a leggi antiquate, ambigue, pensate per altri mezzi di informazione.
Una situazione che va avanti da anni, a partire dal 2000, quando il Tribunale di Oristano sancisce la differenza tra web e stampa, sottolineando che un sito può essere considerato al pari di una testata solamente se registrato in tribunale. A cavallo tra 2007 e 2008 il governo Prodi propone un disegno di legge, denominata poi “Legge Levi”, che metteva i blog sullo stesso piano delle testate di stampa, sottoponendoli agli stessi obblighi, come la registrazione e la nomina di un direttore responsabile.
Sul web scoppia un pandemonio, il governo ritratta e alla fine la legge cade nel dimenticatoio.
Nel dicembre del 2008 la Cassazione ritorna sulla questione, sentenziando che la Rete va giudicata separatamente rispetto al mondo della stampa, e che per gestire un blog non serve essere giornalisti.
Il ddl “anti-intercettazioni” del 2011, ad opera del Governo Berlusconi, prevedeva che «in materia di obbligo di rettifica prevista nella vecchia legge sulla stampa del 1948 si applichi anche ai “siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica”».
In pratica i blogger dovevano, entro 48 ore, cancellare o rettificare quanto pubblicato, pena una sanzione che poteva arrivare fino a 12.500 euro.
Ancora una volta la Rete insorge, e addirittura Wikipedia Italia chiude per sciopero. Gli ultimi a provarci sono stati i tecnici del governo Monti, che avevano inserito una normativa simile tra le pieghe del “decreto giustizia”, scomparsa poi in una nuvola di fumo.

Oggi la sentenza sul caso Ruta fa un po’ di chiarezza sull’annosa questione, ma in Italia mancano ancora leggi precise e concrete sull’argomento. E i tempi, ormai, sarebbero maturi.

fonte
http://www.ilsecoloxix.it/p/magazine/2012/09/19/APhblCUD-stampa_cassazione_clandestina.shtml

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