Insultò l' azienda su Facebook: licenziamento legittimo.Le offese sui social sono ormai perseguibili penalmente

Le offese sui social sono ormai equiparate a quelle che avvengono nella vita quotidiana


Il licenziamento è legittimo.
È questa la sentenza conclusasi dopo il ricorso al licenziamento subìto nel 2012 da un' impiegata 43enne. La Corte di Cassazione ha così respinto il suo ricorso.

La donna, nel 2012, pubblicò un post su Facebook nel quale si lamentava, con espressioni volgari, della continua modifica degli incarichi che le venivano affidati in azienda.
Lo sfogo fu letto dai suoi contatti tra i quali c' era anche il legale dell'azienda: dopo due giorni, a casa della donna arrivò una lettera di contestazione e, a fine mese, il licenziamento.

Il post fu cancellato e la donna impugnò il licenziamento al tribunale del Lavoro ma, sia in primo grado che in appello, i suoi ricorsi sono stati respinti dai giudici che hanno giudicato scorretto il suo comportamento. Oggi, la decisione definitiva della Cassazione.

LA LEGGEREZZA DELL' INSULTO SU FACEBOOK
Questo non è il primo caso in merito ad insulti scritti sui social. Accadde ad una casalinga denunciata dai carabinieri che videro pubblicare, sulla pagina Facebook gestita dalla donna, una barzelletta proprio sui carabinieri.
Multe a raffica anche per diversi utenti che insultarono pesantemente i vigili che iniziarono a multare le auto per eccesso di velocità tramite gli autovelox: le sanzioni arrivarono anche sino ai 6.000 euro.
I reati di diffamazione (art. 595 c.p.) e calunnia (art. 368 c.p.) sono ormai applicabili anche sul web. Le recenti offese di diversi utenti nei confronti del Presidente della Repubblica Mattarella e quelli rivolti all' ex presidente della Camera Laura Boldrini sono stati oggetto di denunce e conseguenziali azioni penali.

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