Dio non è morto. Le prove dell'esistenza di Dio in un film

di Lapenna Daniele

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Su una pagina atea di un social network ho trovato un articolo molto interessante. Interessante perché tratta di un argomento che ogni giorno è sulla bocca di tutti, atei e credenti: Dio.
L'articolo parla del tour italiano dell'autore di un film uscito negli Stati Uniti nel 2014 dal titolo God's not dead (Dio non è morto).

Il titolo nasce dal motto degli atei "Dio è morto" (al quale fa seguito quello dell'UAAR "Ma se fosse vivo, non ne avresti comunque bisogno"). L'articolo è del sito ilgiornaleditalia.org, sito che non conoscevo. L'articolo può essere interessante - e anche la storia del film - per tutti i credenti (di qualsiasi religione) e gli atei che amano discutere su questo argomento.


LA TRAMA
La storia racconta di Josh, uno studente evangelico cristiano di un college. È molto credente in Dio.
Si iscrive al corso di filosofia tenuto dal professor Jeffrey Radisson, ateo, il quale chiede ai suoi studenti, per poter passare l'esame, di firmare una dichiarazione in cui si afferma che "Dio è morto". Josh è l'unico studente che si rifiuta di firmare.
Nasce così una "gara" tra i due dove si affrontano a colpi di ragionamenti su Dio ad ogni fine lezione, prendendo ciascuno un punteggio assegnato dagli studenti della classe per vedere chi vincerà.

Il bello è il finale della storia dove il ragazzetto, Josh, domanda al professore «Perché odia Dio?».
Dopo che Josh ripete la domanda due volte, Radisson esplode di rabbia, confermando che odia Dio per la morte della madre. Allora Josh con disinvoltura chiede al professore come si possa odiare qualcuno che non esista. Alla fine, Martin, uno studente cinese il cui padre gli aveva proibito persino di parlare di Dio per non compromettere la possibilità del fratello di studiare all'estero, si alza e dice: «Dio non è morto». Quasi tutta la classe segue l'esempio dello studente cinese e il professore lascia la stanza sconfitto.



COME E' STATO POSSIBILE ARRIVARE AD UNA SOCIETA' SENZA DIO?
Questa la trama. Discutibilissima. Non la commento perché non è come vedere il film, e quindi non posso giudicare il finale senza sapere come tutti gli studenti seguano la frase del ragazzo cinese e dichiarino che Dio non sia morto.
Forse, per un ragionamento del discorso di Josh, Dio, essendo oggetto di odio, esiste. Pur solo nella mente di chi lo odia. Comunque sia, esiste.
Ma è un discorso come... psicologico, ma non è che affermi con certezza la sua esistenza.
Come filo logico ci sta, e infatti un ateo non dovrebbe odiare Dio, perché infatti non esiste.

L'articolo del sito web invece è diretto, e anche un po' divertente. Leggiamo:
« Il problema principale è il diffondersi dell'ateismo persino nelle scuole: ecco, in Italia - nel cui cuore è ospitato il fulcro della Cristianità (Il Vaticano - n.d.b) - vale forse la pena interrogarsi su come sia stato possibile arrivare a questo stato di cose. A doversi trovare, cioè, ad essere costretti a difendersi dagli attacchi antireligiosi, anticristiani, anticattolici, che si fanno via via più pressanti, complice anche una certa politica tendente a scardinare le fondamenta della società ».

Se le fondamenta della società sono le religioni che insegnano cosa pensare e non come pensare (le religioni, di solito, vogliono infatti solo fede cieca), è una buona cosa che vengano "scardinate dalla società".
Di certo non è il credere in Dio che ci dà la forza per reagire alle difficoltà della vita o ci insegni cosa sia giusto e cosa sia sbagliato. Se una religione insegna ad amare il prossimo ma poi, nella pratica, non mostra di amare tutti alla stessa maniera,.. essa cade nella mera ipocrisia. Se accade un evento spiacevole e noi diamo la colpa a Dio o al diavolo, si rischia di scaricarci le responsabilità di dosso.


Verso la fine dell'articolo arriva poi la parte forte
« Il fatto è che se l'ateismo prende piede, dipende dal fatto che ciò che va predicando è più "comodo", e anzi potrebbe definirsi "stimolante": l'essere umano - è cosa nota - è debole, e sfruttare questa debolezza è semplice. Di certo è più semplice il lavoro di chi si propone di scardinare le regole cristiane rispetto a quello di chi invece di esse vorrebbe fare uno stile di vita. In una società globalista, persa nel consumismo e nella superficialità, il compito più difficile è proprio quello di chi intenda mantenere i propri passi sulla via retta: più semplici le deviazioni, le scappatoie, i compromessi. È l'eterno conflitto di chi sceglie di dover scegliere tra la strada più difficile e quella più comoda, non capendo che già scegliendo di scegliere ha imboccato la via più facile »

LA VIA PIU' DIFFICILE E' SLEGARSI DALLA FEDE
Tralasciando l'italiano poco corretto dell'articolo, qui sembra proprio che l'articolista inviti a gettarsi a braccia aperte nella religione che, come lui stesso fa notare, impedisce di scegliere! Chi decide di scegliere, ha imboccato la via più facile, mentre chi non decide di scegliere, prende quella difficile.

Beh, io direi a colui che ha scritto l'articolo che nella vita, purtroppo, bisogna scegliere. Quando non si sceglie, si rimane fermi, dove si era prima e dove si sarà anche domani. Se si è fermi, è il mondo intorno a noi che si muove, che cambia, mentre noi rimaniamo sempre lì, a giudicare gli altri che si muovono male, a proteggerci da chi vuole farci muovere, e forse anche a lamentarci.
È più comodo evitare la fede? In cosa consiste questa comodità? Nell'evitare di credere ciecamente in un qualcosa che non c'è?
In realtà il difficile sta nello scegliere. Diventiamo noi artefici del nostro destino e non diamo colpa né a Dio, neanche a eventi gestiti da chissà quale forza ultraterrena o da strane magie o artifizi come quelli dei cartomanti o sensitivi. Certo, non avremo mai la prova che il libero arbitrio esista veramente, ma crederci ci porterà a caricarci di responsabilità ma soprattutto a non scaricare le colpe sugli altri.
Se avessimo la prova certa della non esistenza del libero arbitrio, allora potremmo stare tutta la vita a girarci i pollici, ma si vede che l'universo non ci ha creato per scoprire questo mistero, altrimenti veramente potremmo vivere una vitaccia orribile.

Ognuno di noi ha fatto un suo percorso e nessuno può convincere un altro a cambiare idea: un ateo non può convincere un credente e un credente non può convincere un ateo. Quel che è certo è che se Dio esiste, o non può decidere la vita di ognuno di noi, oppure è cattivo.
Con questa frase io rispondo a chi mi domanda «Perché muoiono i bambini piccoli? Perché ci sono bambini che, appena nati, già hanno gravi malattie?».  Gli uomini di Chiesa inventarono il sacrificio come dono di Dio (un po' come faceva Madre Teresa di Calcutta, la suora oscura): visto che Gesù si sacrificò sulla croce per togliere i peccati dall'uomo, così chi subisce delle sofferenze è fortunato perché è come fosse vicino a Gesù. Mentalità malata. Quel che è grave è che la Chiesa Cattolica sostiene che ogni uomo debba pulirsi dei propri peccati ogni giorno perché dopo la morte potrebbe rischiare l'inferno: affermano chiaramente che il sacrificio di Gesù non è servito a un ca**o. Infatti lui è morto per liberare dal peccato gli esseri umani, e i capi religiosi hanno sostenuto che invece i peccati sono ancora nell'uomo.
Bella roba, eh?

Certo, ognuno è artefice della propria vita, e sarà lui stesso a guidarla in ogni direzione. Di certo, ciò che nessuno può affermare è che non credere in Dio porti a cadere nei peggiori valori presenti nella vita.
Si può essere altruisti, gentili, compassionevoli, giusti e pieni di valori sani anche senza necessariamente pregare una divinità. Se aiuti una persona, questa ti potrà dire «Grazie!», mentre se preghi Dio, questi non ti risponderà. Disgiungi le tue mani, e inizia ad usarle per aiutare gli esseri viventi del Pianeta che hanno bisogno di una mano. Ma anche di due.


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