Gli illusi del cibo biologico, sano o Made in Italy. Consumatori: svegliatevi!

di Lapenna Daniele
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Ora basta! Quando è troppo, è troppo.
Dopo il via libera dell'Unione Europea all'importazione dell'olio proveniente dalla Tunisia senza dazi (qui un articolo per capire meglio prima che abbaiate come cani randagi senza aver capito una mazza e senza neanche esservi informati a dovere), ecco i tantissimi italianidioti che esplodono nella loro ira, chi lamentandosi di vedersi tagliare le gambe da prodotti a basso costo provenienti dall'estero, e chi per la schifezza dell'olio tunisino, come se lo avessero mai assaggiato. O forse lo stanno assaggiando proprio ora, mentre condiscono la loro insalata, ignari che quell'azienda italiana importa le olive (e anche l'olio già lavorato) da altre nazioni. Tsk.

MITI DA SFATARE
Notizia ultima ultima, fresca di giornata: «Allarme sulla carne di pollo in Italia: livelli alti di antibiotici ». Leggiamo l'articolo: «Gli accertamenti su campioni di animali prelevati negli allevamenti italiani mostrano che quasi il 13% è risultato positivo alla presenza di Salmonella; il 73% al Campylobacter; il 95,4% all’Escherichia coli e l’81,33% all’E.coli ».
Buuuooooona la roba italiana, vero? Ma,.. un attimo: che sbadato! Voi siete al sicuro perché acquistate polli e uova biologiche! Ceeeerto, come no. Siete convinti che mettano migliaia di polli assieme (perché ovviamente non ne allevano uno per capannone), senza iniettare loro antibiotici dalla nascita col rischio che se si ammala uno, gli muoiono tutti i polli? AH! Illusi.

Come potete tranquillamente vedere e soprattutto ascoltare in questo video del programma La Gabbia dal minuto 1:41 circa, l'acqua che si dà alle galline è già riempita di ormoni ed antibiotici (a destra la scena del video quando le galline bevono): se si ammalasse uno dei tanti polli nel mucchio, come si farebbe a beccarlo prima che contagi gli altri e crei uno sterminio mandando alle ortiche migliaia di euro e quindi facendo perdere lavoro a chi ci lavora?
Certo, potete trovare galline allevate a terra, ma non ne troverete di non imbottite di farmaci. Nessun imprenditore o allevatore è così stolto da non dare medicine ai propri animali. Nel mercato odierno non conta la salute di chi mangia un prodotto, ma l'economia che tiene in vita un'azienda ( come ovvio che sia ).

E smettetela di difendere le tante aziende italiane, visto che sono spesso indifendibili.


Avete visto come aziende famose del calibro di Carapelli, Bertolli, Coricelli, Sasso vi abbiano gabbato facendovi pagare a caro prezzo l'olio extravergine di prima qualità quando invece non lo era (leggi l'articolo "Olio spacciato per extravergine e venduto a un costo più alto. Non dimentichiamo i nomi di queste aziende ")?  
Boccaloni! Ma il Made in Italy è il migliore, le schifezze sono l'olio della Tunisia e il pomodoro proveniente dalla Cina. AH!
In Italia le aziende debbono essere difese! Già, nonostante vendino mozzarelle scadute, conserve alimentari scadute e marcite, carni andate a male, gelati e formaggi scaduti da tre anni, o producano cibo con l'aiuto dei topi e dei loro escrementi. Ma possiamo continuare all'infinito, soprattutto perché tutti pensano sempre ad evitare i prodotti provenienti da Napoli ( maledetta Terra dei Fuochi ) mentre non sanno che il campo del contadino dietro casa è attraversato da acque inquinate che abbeverano le sue colture di frutta e verdura.

MADE IN ITALY? MADDECHE'!
La pasta che mangiate è prodotta con grano non italiano. Lo sapevate? No? AH!
Sono 2,3 le milioni di tonnellate di frumento importate dall'Italia da Paesi come Usa e Canada, si tratta di non meno del 40% del grano lavorato nel nostro Paese.
Acquistate pizza surgelata? Merendine? Biscotti? Pane? Taralli? Legumi? Ogni prodotto finito ha una quantità di alimenti base importati dall'estero. E sapete qual è la cosa bella? Che solo per la carne che trovate al banco macelleria c'è l'obbligo di riportare la provenienza del prodotto. Già. Gli alimenti confezionati non hanno quest'obbligo e neanche frutta e verdura che possono veder indicata la provenienza solo con il nome della nazione, e non della città da dove provengono.

Se acquistate ad esempio una pizza surgelata, questa non riporta la provenienza della mozzarella, del grano o del pomodoro. No, perché non è obbligatorio! E le aziende, secondo voi, prendono prodotti tutti italiani? Sì? E se fosse così perché non lo riportano in etichetta in modo da mostrare trasparenza ai consumatori? Semplice, perché è tutto importato ( chissà da dove! ).
E non c'è da scandalizzarci, perché il nostro Paese non è autosufficiente al 100% su ogni prodotto. Se ogni italiano consuma circa 26 kg di pasta l'anno e la nazione non ne produce a sufficienza, per sopperire a questa mancanza si importa la quantità che il mercato richiede per pareggiare la richiesta fra domanda ed offerta. Poi, visto che il grano è tutto uguale, la nazione che lo vende a meno, viene preferito. Basta che l'importazione sia legale e definita secondo le regole vigenti dai trattati stabiliti dalla comunità europea.
L’Italia, ad esempio, è il secondo produttore in Europa di olio dopo la Spagna, ma è anche il primo importatore di oli di oliva e sansa che spesso vengono mescolati con quelli italiani. Il “mescolamento” di vari tipi di olio di oliva avviene perché spesso la produzione italiana di olio non è sufficiente a rispondere alla richiesta del mercato e quindi l’Italia è costretta ad importare

Ma voi sbraitate e volete solo il Made in Italy. Eh già, ma immaginate se ogni nazione del mondo esclamasse la stessa identica frase, ma per la propria nazione, chessò, ad esempio i francesi urlino «Vogliamo solo il Made in France». Non riuscite ad immaginare? Beh, nessuna nazione acquisterebbe più i nostri prodotti, e l'economia dell'Italia diminuirebbe drasticamente portando le aziende del bel Paese al crollo e quindi alla chiusura, sbattendo migliaia o forse milioni di lavoratori in mezzo ad una strada.
In questo articolo potete leggere qualcosa sulle importazioni di prodotti in Italia.

IL POTERE AL CONSUMATORE

Molti consumatori sono così ingenui da prendere per provenienza del prodotto la città dello stabilimento riportata sulla confezione.
Vero, quell'indirizzo è dell'azienda che confeziona quel prodotto finito, ma non è necessariamente la città dove si produce quell'alimento base.
Il prodotto finito è ad esempio sempre quella pizza surgelata, mentre il prodotto base è la mozzarella, il grano, il sale, il pomodoro e tutti gli altri condimenti che compongono il prodotto finito.

Se un barattolo di lenticchie è confezionato a Salerno, le lenticchie non è detto provengano da lì (e al 99% non provengono dall'Italia). Conoscere queste minime informazioni sugli alimenti consente di non sbraitare come cani arrabbiati quando dei decreti o delle direttive aprono ad importazioni estere: i prodotti schifosi sono ovunque, e infatti voi li mangiate inconsapevoli di averli mangiati.

E per quanto riguarda l'economia del Paese? Probabilmente non ve ne importarà nulla, ma invece dovrebbe, visto che l'economia si regge dai vostri acquisti, i quali tengono in vita le aziende e vi portano i prodotti al supermercato dove vi recate. Se un'azienda fallisce, non troverete i loro prodotti, o troverete dei prezzi aumentati.
Se l'olio della nazione X non italiana costa meno e un'azienda italiana lo acquista e lo mischia con quello italiano, riportando sull'etichetta che l'olio non è tutto italiano, fa una cosa legale, e la colpa non è dell' Unione Europea o del governo, ma dell'azienda. Questa deve prima di tutto specificare la provenienza, e poi, se sull'etichetta e nelle sue pubblicità si vanta di essere una grande azienda italiana, deve usare prodotti primari italiani. Se non li usa, non prendesse in giro i consumatori, millantando di essere al 100% Made in Italy, perché i consumatori sono molto boccaloni.
Se ci spostiamo sull'argomento tasse beh, lì c'è da discutere per ore, per giorni, perché sappiamo tutti che il carico fiscale in Italia supera il 50%, ma comunque è impossibile difendere le aziende che non parlano chiaro sulla provenienza dell'alimento base del loro prodotto finito o attuano una politica commerciale scorretta e fuorviante.

Eppure è facile capire che il potere ce l'ha in mano solo una persona: il consumatore.
Se TU consumatore prendi una bottiglia di olio, ma non leggi la provenienza delle olive sull'etichetta ma la compri ugualmente, se TU consumatore prendi un sacchetto di legumi ma non trovi riportato da dove provengono ma lo acquisti ugualmente, se TU consumatore acquisti la Nutella che riporta sul barattolo il disegno di un bicchiere di latte fresco anche se negli ingredienti c'è scritto latte in polvere e lattosio, come puoi addossare la colpa sui prodotti e aziende estere? Capisci che così facendo ti copri di ridicolo? A meno che tu non sia già ridicolo di tuo.

BIOLOGICO E' MIGLIORE? NO, E SPESSO NON E' BIOLOGICO
Passiamo ai prodotti biologici. Eh già.
Siete convinti che i prodotti bio siamo migliori e, soprattutto, siano veramente bio?
Ormai basta che leggano le tre letterine magiche "BIO" e le persone spenderebbero anche il doppio per quel prodotto, convinti che non faccia male a differenza dei prodotti non bio.

I dati mostrano che un alimento bio può costare fino al 90% in più di un normale prodotto. Ma non è tutto oro quel che luccica.
Come si apprende anche da un videoservizio delle Iene (che può esser discutibile, ma la realtà vera è anche quella lì) molti agricoltori e aziende applicano etichette che riportano "prodotto biologico" anche se questo non lo è, tanto il consumatore è stupido, è una pecora, e non controlla se vi è un numero di codice dato dallo Stato che attesta come biologico il prodotto (qui ci sono dei consigli su come riconoscere i prodotti biologici). Chi non rispetta le regole per l'etichettatura bio, commette una frode, e va denunciato.

E poi, questi prodotti non sono migliori di quelli non bio. O non completamente.
La biologa Christie Wilcox, ricercatrice e autrice del blog Science Sushi del network di Scientific American,
sottolinea come il biologico sia visto come un ritorno all'uomo primitivo che coltivava in maniera sana. Peccato non sia così, visto che si dovrebbe piantare a mano ogni seme, raccogliere a mano (e non con i trattori raccogli-ortaggi ) ogni ortaggio o frutto, non usare fitofarmaci o pesticidi, togliere a mano l'erba che cresce nelle colture, sperando che a fine raccolto rimanga almeno un chiletto di verdura da poter vendere senza che sia andata perduta per colpa degli attacchi di animaletti o mal tempo alle colture.
Secondo la biologa Wilcox ci sono almeno due aspetti critici da considerare.
Primo: non è vero che gli agricoltori bio non usano pesticidi: li usano di origine naturale e non prodotti per sintesi chimica.
Secondo: ci sono sempre dei costi ambientali: l’agricoltura biologica è meno produttiva di quella convenzionale e questo significa che per ottenere rese paragonabili bisogna coltivare più terra. «L’agricoltura biologica può anche avere dei lati positivi, ma non è una panacea» spiega la ricercatrice « i suoi metodi dovrebbero essere considerati insieme a quelli convenzionali, per garantire il miglior equilibrio tra produttività e sostenibilità».
Mentre altri sostengono come sia assurdo produrre prodotti biologici con un costo doppio che rimangano invenduti (e quindi andrebbero buttati) anziché produrre a basso costo ed evitare sprechi.

«L’idea che l’agricoltura biologica non faccia uso di pesticidi non è corretta», sottolinea Dario Bressanini, del dipartimento di scienze chimiche e ambientali dell’università dell’Insubria e autore di Pane e bugie. Se infatti la normativa prevede che non si debbano utilizzare prodotti di sintesi, ciò non toglie che ne vengano usati altri di origine naturale come la famiglia di molecole piretrine, il rotenone, lo spinosad, una sostanza prodotta dai batteri.
Prodotti che possono comunque avere un impatto ambientale da non trascurare. Il rotenone, ad esempio, è in via di eliminazione dai protocolli di coltivazione biologica proprio per la sua tossicità. Ciò che invece è stato rilevato è una minor quantità di residui di pesticidi sui prodotti biologici (quasi il 99% sono risultati conformi ai limiti di legge, contro il 96% dei convenzionali). Il piretro (piretrine), invece è tossico in grande quantità.
«Il fatto che un alimento sia o non sia 'naturale'  - scrive Bressanini in Bugie nel  carrello non ha niente a che vedere con le sue proprietà salutistiche. Smettiamo di brandire questo termine come una clava per chiudere i discorsi invece che approfondirli».
Il 99,9% delle sostanze chimiche che ingeriamo sono naturali. E spiega, ad esempio, che  il basilico giovane contiene metileugenolo, un sospetto cancerogeno per l’uomo e così pure il caffé possiede molecole che risultano cancerogene per i topi. Questo non significa che non si debba più mangiare pesto, perché è la quantità a incidere sulla tossicità: nel caso del basilico per un effettivo aumento delle probabilità di contrarre un tumore sarebbe necessario consumarne ogni giorno ad ogni pasto (continua a leggere l'articolo "Biologico: il mito del cibo salutare").
E ricordiamo che i prodotti biologici sono anch'essi importati per una quantità di circa il 50%. Il grano biologico importato, ad esempio, nel 2009 è stato di circa 20mila tonnellate.E se fosse grano tunisino? Lo comprereste comunque?

OCCHI E MENTE APERTI
Smettetela di credere alle favole: state mangiando alimenti ogm (come il grano) senza saperlo, ingurgitate prodotti provenienti dall'estero ogni giorno (e non è detto che siano peggiori di quelli italiani,anzi!), credete di mangiare bio ma state spendendo un botto di soldi per alimenti che non sono così salutari come credete, non esistono coltivazioni che non usano pesticidi.
Vi gettano fumo negli occhi, e siete felici.

Aprite gli occhi, leggete le etichette, cercate la provenienza dei prodotti, informatevi sulle modalità di coltivazione delle altre nazioni, verificate se un prodotto biologico lo sia veramente, ponetevi domande, usate internet per cercare le risposte. Non fermatevi a ciò che vi dicono. Anche su ciò che io stesso ho scritto. Approfondite, verificate, informatevi.
Le multinazionali, i governi ma anche le piccole aziende locali vi vogliono disinformati e ignoranti, ovvero che ignorano la situazione reale esistente. Con le loro bugie vi spingono come il vento verso la direzione che preferiscono, e voi non capite che le vostre scelte sono pilotate astutamente.
Non è una colpa essere ingannati, ma è bene accorgesene.
Se ci tenete ad alimentarvi con consapevolezza, informatevi. Se non ci tenete, mangiate ciò che volete. L'importante è che non vi lamentiate o vi incazzate senza informarvi prima.

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