Cassazione: immigrati hanno diritto a risarcimento uguale agli italiani



L'immigrato che risiede regolarmente nel nostro Paese ha diritto a eventuali risarcimenti identici a quelli che potrebbe ricevere un cittadino italiano.
Lo ha sancito la terza sezione civile della Cassazione, annullando con rinvio una sentenza con cui la Corte d'appello di Brescia aveva riconosciuto il risarcimento danni ai familiari di un immigrato tunisino, morto in un incidente stradale in Italia, travolto da un'auto mentre era in sella alla sua bicicletta.

I giudici di Brescia, confermando il primo verdetto del tribunale di Crema, avevano stabilito per la moglie e le figlie dello straniero una somma risarcitoria ridotta ( 73.512 euro totali per la donna e 46.260 euro per ciascuna figlia), "in considerazione del luogo nel quale - si spiega nella sentenza - le somme liquidate erano destinate a essere spese", vale a dire la Tunisia, dove "il costo della vita e' inferiore rispetto a quello dell'Italia". La Suprema Corte ha accolto il ricorso della donna e trasmesso gli atti di nuovo alla Corte d'appello di Brescia affinche' ridetermini, al rialzo, la somma risarcitoria, rilevando che "una valutazione differenziata" tra italiani e immigrati "risulterebbe in evidente contrasto con l'articolo 3 della Costituzione", che sancisce il principio di uguaglianza.


"Come la Corte Costituzionale ha piu' volte insegnato - rilevano i giudici di 'Palazzaccio' - le norme del diritto internazionale generalmente riconosciute vietano discriminazioni nei confronti degli stranieri legittimamente soggiornanti nel territorio dello Stato". In altre parole, aggiungono gli alti giudici, "non si vede per quale ragione un medesimo evento dannoso, in questo caso la morte di un giovane uomo, marito e padre di due bambine, possa determinare conseguenze diverse a seconda della nazionalita' dei soggetti aventi diritto al risarcimento".
La Cassazione, quindi, ricorda che "il risarcimento del danno deve avere come obiettivo fondamentale il ripristino del valore-uomo nella sua insostituibile unicita': anche se la morte rende impossibile tale ripristino, pur tuttavia il risarcimento che ne consegue non puo' differenziarsi per il fatto che il denaro erogato a tale titolo e' destinato ad essere speso in un Paese nel quale il costo della vita e' diverso da quello dell'Italia".
La Corte, poi, sottolinea che la vittima "si trovava in Italia per motivi di lavoro, sicche' il denaro che stava guadagnando costituiva il corrispettivo di una prestazione svolta nel nostro Paese", e che, dunque, "collegare al fatto che gli eredi, destinatari del risarcimento, risiedano in Tunisia una conseguenza significativa ai fini della liquidazione del danno morale significa introdurre nell'illecito un elemento del tutto estrinseco rispetto ad esso, con conseguenze inaccettabili".

La Corte d'appello di Brescia, dunque, dovra' riesaminare il caso, attenendosi al principio di diritto secondo cui "in materia di illecito aquilano, ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale il giudice di merito, procedendo alla necessaria valutazione equitativa di tutte le circostanze del caso concreto, non deve tenere conto della realta' socio-economica nella quale la somma liquidata e' destinata ragionevolmente ad essere spesa, poiche' tale elemento e' estraneo al contenuto dell'illecito".

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