Cassazione: se il coniuge non vuol fare più sesso, l' altro è libero di andarsene
ROMA- Se vostra moglie fa sciopero del sesso siete liberi di farvi un’amante e lasciare il tetto coniugale. E viceversa. Lo stabilisce la Cassazione nella Sentenza N. 2539: se il matrimonio si raffredda a tal punto da far venire meno i rapporti sessuali, chi dei due partner, ritenendo intollerabile la situazione, sceglie di rifarsi una vita ed abbandonare la casa familiare, non commette alcuna violazione dei propri doveri coniugali. E non ha alcuna importanza stabilire se l’esclusione del sesso sia stata una decisione imputabile a lui o a lei, oppure se sia solo una naturale e pigra deriva del menage domestico.
Nel caso specifico i supremi giudici hanno respinto il ricorso di una moglie, Adelaide C., che chiedeva l’addebito della separazione a carico del marito Vincenzo T. perché l’aveva lasciata per andare a vivere con un’altra donna dopo che, per nove anni, a partire dalla nascita del figlio Riccardo, la coppia non aveva più condiviso alcuna intimità.
“L’abbandono della casa familiare, che di per sé costituisce violazione di un obbligo matrimoniale e, conseguentemente, causa di addebito della separazione, in quanto porta alla impossibilità della convivenza – scrivono i giudici – non concreta tale violazione se si provi (e l’onere incombe a chi ha posto in essere l’abbandono) che esso è stato determinato dal comportamento dell’altro coniuge, ovvero quando il suddetto abbandono sia intervenuto nel momento in cui l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza si sia già verificata, ed in conseguenza di tale fatto”.
Nella vicenda in questione, era emerso fin dal primo grado della causa di separazione – innanzi al Tribunale di Pescara – che Adelaide e Vincenzo non avevano rapporti, dato di fatto che la moglie non aveva in alcun modo smentito e che era suffragata dalla testimonianza della sorella del marito che aveva riferito di essere a conoscenza della situazione. Un simile contesto, ad avviso della Cassazione, porta ad escludere “la preesistenza di una situazione di esaurimento della comunità morale e affettiva tra i coniugi” rispetto alla decisione di Vincenzo di costruirsi un’altra vita. Confermata al decisione della Corte di Appello de L’Aquila che aveva detto ‘no’ alla colpevolizzazione del marito respingendo anche la richiesta di risarcimento danni avanzata dalla moglie.
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