Divorziata pubblica foto di vita agiata su Facebook: il giudice gli toglie gli alimenti. "Non ne ha bisogno". Quando pubblicare foto su Facebook può costarti caro



Foto in villeggiatura, in locali alla moda. Foto di una vita agiata.Una donna separata le pubblica su Facebook e il giudice decide che non le spettano gli alimenti. È accaduto ad una donna della provincia di Caserta

I giudici della prima sezione civile del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, infatti, attraverso un decreto le hanno negato «gli alimenti» che le erano stati accordati in sede di giudizio dopo il divorzio dal marito.
La donna aveva pubblicato a più riprese sul proprio profilo Facebook immagini che la ritraevano con il nuovo compagno, un professionista del suo stesso territorio. Foto che rappresentavano non solo l’unione della coppia ma anche – secondo i giudici – uno stile di vita improntato ad un certo benessere.

Ma oltre alle testimonianze fotografiche, gli avvocati che hanno curato le rimostranze del suo ex marito hanno fatto notare in sede di riesame come l’unione fra l’ex partner del loro assistito e il suo nuovo compagno fosse «di fatto» e non solo occasionale: sul profilo sempre di Facebook era infatti testualmente riportato «Impegnata con N. B.».

Spiega Giovanni D’Agata, presidente della onlus Sportello dei Diritti «il collegio rileva che le fotografie e quindi i documenti postati sul social network possono essere acquisibili ed utilizzabili».
Scrivono i giudici: «È noto, infatti, che
il social network Facebook, si caratterizza, tra l’altro, per il fatto che ciascuno degli iscritti, nel registrarsi, crea una propria pagina nella quale può inserire una serie di informazioni di carattere personale e professionale e può pubblicare, tra l’altro, immagini, filmati ed altri contenuti multimediali».

Il collegio va anche oltre e precisa che «sebbene l’accesso a questi contenuti sia limitato secondo le impostazioni della privacy scelte dal singolo utente, deve ritenersi che le informazioni e le fotografie che vengono pubblicate sul proprio profilo non siano assistite dalla segretezza che, al contrario, accompagna quelle contenute nei messaggi scambiati utilizzando il servizio di messaggistica (o di chat) fornito dal social network; mentre queste ultime, infatti, possono essere assimilate a forme di corrispondenza privata, e come tali devono ricevere la massima tutela sotto il profilo della divulgazione, quelle pubblicate sul proprio profilo personale, proprio in quanto già di per sé destinate ad essere conosciute da soggetti terzi, sebbene rientranti nell’ambito della cerchia delle c.d. “amicizie” del social network, non possono ritenersi assistite da tale protezione, dovendo, al contrario, essere considerate alla stregua di informazioni conoscibili da terzi».

I giudici di Santa Maria Capua Vetere concludono: «Nel momento in cui si pubblicano informazioni e foto sulla pagina dedicata al proprio profilo personale, si accetta il rischio che le stesse possano essere portate a conoscenza anche di terze persone non rientranti nell’ambito delle c.d. “amicizie” accettate dall’utente, il che le rende, per il solo fatto della loro pubblicazione, conoscibili da terzi ed utilizzabile anche in sede giudiziaria».

Morale della favola: se pubblichi una foto sul profilo, sappi che questa potrà esser usata contro di te in tribunale. Privacy o non privacy. Tié!

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