Cassazione: illegittimo il licenziamento del dipendente per riduzione di profitto
La Corte ha ribadito che, in caso di conclusione del rapporto di lavoro il datore di lavoro ha l’onere della prova che tale atto sia giustificato da motivi oggettivi di carattere produttivo-organizzativo che vadano oltre il mero incremento di profitto.
Nel caso in questione, uno studio professionale, dopo aver perso un importante cliente si è trovato ad avere una riduzione dei carichi di lavoro e ha deciso di licenziare un dipendente.
L’art 3 della legge che detta le norme sui licenziamenti individuali (15 luglio 1961 n. 604) prevede che
“Il licenziamento per giustificato motivo con preavviso è determinato da un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro ovvero da ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa”.
L’interpretazione di tale articolo accetta il licenziamento “non per un generico ridimensionamento dell’attività imprenditoriale, ma per la necessità di procedere alla soppressione del posto o del reparto cui è addetto il singolo lavoratore, soppressione che non può essere meramente strumentale ad un incremento di profitto, ma deve essere diretta a fronteggiare situazioni sfavorevoli non contingenti”.
Da ciò si evince che il datore di lavoro potrà licenziare il dipendente solo se riesce a dimostrare le effettive ragioni e “l’impossibilità di utilizzare il lavoratore stesso in altre mansioni equivalenti a quelle esercitate prima della ristrutturazione aziendale".
Si capisce il perché lo studio professionale ha perso un importante cliente: erano dei pirloni incapaci persino di licenziare comme il faut i propri dipendenti.
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