"Lei non sa chi sono io, la pagherà": cassazione condanna VIP. La frase è intesa come promessa di una vendetta



«Lei non sa chi sono io, la pagherà», non è solo una frase
un po' patetica e fuori moda ma anche un reato.
La Cassazione, con la sentenza 11621 ha accolto la richiesta del procuratore
della Corte d'Appello di Salerno che voleva la condanna per ingiurie e minacce
del ricorrente, salvato invece dal giudice di pace.
Il giudice di prima istanza aveva escluso, sbagliando, la portata minacciosa
dell'espressione «lei non sa chi sono io».

Una frase, spiega la Cassazione, che va letta in "combinato disposto"
con la promessa di una vendetta che può essere percepita dall'ascoltatore
più plausibile, proprio perché chi la pronuncia lascia intendere di
essere in una
posizione in cui può nuocere. Sempre secondo il giudice
di pace, l'ira del sedicente vip sarebbe stata provocata da un fatto ingiusto.
Peccato che la Cassazione non sia d'accordo neppure nel qualificare
come fatto ingiusto, una querela che la signora minacciata aveva presentato
contro il "personaggio misterioso". Una denuncia non può essere di per sé
considerata un'ingiustizia a prescindere dalla sua fondatezza, in ogni caso
la reazione non era arrivata a caldo, facendo così presumere che fosse
solo il risultato di vecchi rancori.

IL PRECEDENTE
Con la sentenza di oggi la Cassazione torna per la seconda volta
a sottolineare l' inopportunità di ricorrere a un modo di dire
che è indice di arroganza e maleducazione e spesso, anche di fantasia.
La prima volta lo ha fatto, con la sentenza numero 138 del 2006, confermando
una sanzione disciplinare a carico di un avvocato.
Il legale non aveva gradito che una dipendente dell'ordine degli avvocati,
intenta a fare le fotocopie, avesse dimenticato di accoglierlo come meritava.
Attenzioni che aveva "garbatamente" richiesto dicendo alla signora:
«Si deve mettere da parte e darmi la precedenza.
Lei non sa chi sono io? Qui è diventato un mercato, una volta
si diceva, prego avvocato si accomodi
».
Nella condanna gli ermellini avevano considerato anche che l'avvocato,
nel suo sproloquio, non aveva usato il titolo di dottoressa. Perché non sapeva
chi era la signora che faceva le fotocopie.

www.guidaaldiritto.ilsole24ore.com

Commenti

  1. E' il vecchio gioco di chi ce l'ha più lungo. Temo che ci sarà sempre qualcuno che vorrà essere quello/a più dotato/a.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ahahahahah allora passeremo dal
      "Lei non sa chi sono io" a
      "Lei non sa come ce l'ho io"
      E questa non è una minaccia, ma un incitamento
      all' uso del Sistema metrico decimale!

      Elimina

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