«Boicottiamo i prodotti della Cina!».Peccato che,senza saperlo,mangiamo tanti alimenti di provenienza estera.I prodotti DOC, DOP, IGP e STG.Made in Italy ma con materie prime non italiane


di Lapenna Daniele

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Ormai lo sappiamo tutti: il consumatore attento è spesso poco informato. E anche un po' sprovveduto. Crede di mangiare cibo made in Italy, ma invece si ritrova a mangiare, ogni giorno, cibo proveniente da chissà dove, senza sapere se siano più oppure meno sani di quelli italiani.
Non ci credete? Mannaggia alla pupazza!

No no, non preoccupatevi, non ho intenzione di riportarvi la documentazione completa, ma solo spiegarvi, in modo semplice, gli obblighi esistenti (tutti link, come sempre, sono a fine articolo).
Prima di lamentarvi dei prodotti alimentari cinesi, quelli provenienti dal Vietnam, Marocco o Egitto, dovete sapere che l'Italia importa qualsiasi tipo di alimento, così come esporta qualsiasi produzione nazionale. Chiamatelo scambio fra nazioni, potere delle multinazionali, capitalismo, quello che volete, ma ricordate sempre che voi ci siete dentro con tutte le scarpe, perché anche se vi lamentate, mangiate prodotti non italiani. Ogni giorno.

ATTENZIONE
La parola prodotto, è intesa come prodotto finito, come una pizza surgelata, un pacco di crackers, etc.
La parola alimento indica, appunto, l'alimento base. Ad esempio, per quanto riguarda la pizza surgelata, gli alimenti sono: la passata di pomodoro, la mozzarella, l'origano, la farina per l'impasto, l'olio mischiato all'impasto della farina,..


COSA PREVEDE LA REGOLAMENTAZIONE IN VIGORE
Proprio nel 2014 è entrato in applicazione un nuovo regolamento ( il n.1169) stabilito dall' Unione Europea che ha cambiato le etichette dei prodotti che troviamo in vendita. Tra le novità troviamo:
- aumento altezza dei caratteri, che dovrà essere minimo di 1,2 mm
- indicazione data di scadenza, da applicare obbligatoriamente ai prodotti reperibili
- dettaglio sul tipo di olio vegetale usato, visto che da sempre avete mangiato l'olio di palma ma leggevate scritto solo "olio vegetale", che era molto generico
- allergeni da indicare in neretto o sottolineati
- indicazione della presenza di acqua o di volatili nell'alimento
- dettagli della tabella nutrizionale
- origine del prodotto

E qui viene il bello.

OBBLIGHI SULL'ORIGINE DEGLI ALIMENTI E DEI PRODOTTI
Ecco la parte che ci interessa: l'origine del prodotto che mangiamo.
L'obbligo inserito in questo nuovo regolamento è di riportare la provenienza delle carni fresche, refrigerate e congelate, delle specie suina, ovina, caprina e di pollame (anatre, oche, tacchini, faraone).
Per le carni equine, di coniglio, di lepre e quaglia non è previsto l'obbligo.
E per i prodotti confezionati?
Qui vi è il naturale obbligo di riportare lo stabilimento di produzione ma non la provenienza di ogni singolo alimento che compone il prodotto. Attenzione a ricordare questo punto, perché è molto importante!

Molti, quando prendono dallo scaffale del supermercato un prodotto alimentare (o di altro genere) cercano immediatamente il nome dello stabilimento produttore: ad esempio vi è riportato "Via Topo Gigio n.7, Milano" e lì esclamano «Ah, meno male, questo prodotto è italiano!». Niente di più sbagliato!
Prendiamo una pizza surgelata: lo stabilimento si potrà trovare anche in Italia, ma la provenienza di ogni singolo alimento che la compone può giungere da qualsiasi altra nazione. Anche dalla tanta odiata Cina.
E lì dentro c'è la salsa di pomodoro, la mozzarella, il grano,... che secondo voi provengono tutti dall'Italia. Eeh.. no!

Intanto il grano usato per questi prodotti, ma anche per la pasta che mangiate ogni giorno, è importato dall'estero. L'Italia importa più del 50% del grano tenero e il 30/40% del grano duro dalla Francia, e dai Paesi dell’Est europa come Ungheria, Romania, Polonia, ma anche dalla Russia, Ucraina e Khazakistan. Ma anche da Stati Uniti e Canada (dalle quali provengono spesso i frutti oleosi come arachidi, noci, nocciole).
Funziona così (ho semplificato al massimo per farvi capire): l'Italia coltiva il grano, parte viene esportato (venduto a nazioni estere) e parte utilizzato nel Paese. Se il fabbisogno nazionale (la quantità di grano consumata) supera la quantità di grano raccolto, ne viene importato altro per sopperire a questo "buco".
Come accade anche all'olio di oliva la cui produzione non copre il fabbisogno nazionale: in parole povere vi bevete più olio di quanto viene prodotto in Italia. E quindi il nostro Paese lo importa dall'estero mischiandolo con quello italiano. Ma lo ha sempre fatto! Avete sempre bevuto olio mischiato. Quindi fate poco gli schizzinosi, perché siete ancora vivi. Nonostante tutto.
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importazione dall'estero di grano duro
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Immaginate dunque da dove potrebbero arrivare le patate fritte in busta, o le verdure dei dadi vegetali confezionati, o le verdure miste dei prodotti surgelati, o i frutti usati per i succhi di frutta (dove in realtà ce n'è solo il 50% mentre il resto è acqua e zucchero, e chissà quale acqua!).
Ma... ci sono dei marchi di prodotti Dop, Igp, Doc che attestano con certezza la provenienza italiana del prodotto. Eh, capperi!
Beh,.. anche qui dovrò farvi cadere dei miti. Andiamo a vederli.

DOC, DOP, IGP, STG:
PRODOTTI  ITALIANI E ALIMENTI ESTERI
A partire dal 1992, il Consiglio Europeo ha adottato un quadro giuridico relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine dei prodotti agricoli e alimentari - regolamento (CEE) n. 2081/92 - ed uno relativo alle specialità tradizionali garantite - regolamento (CEE) n. 2082/92. Tali prodotti beneficiano, dunque, di un sistema volontario di protezione che conferisce ai produttori interessati la possibilità di proteggere determinate denominazioni attraverso la loro registrazione e l’ottenimento dei relativi diritti.
Andiamo a vedere i marchi e, soprattutto, se gli alimenti sono sempre tutti italiani (qui trovate l'elenco di tutti i prodotti italiani Dop e Igp).

DOC

Denominazione di Origine Controllata.
È un marchio di origine italiana utilizzato in enologia per certificare la zona d'origine e delimitata della raccolta delle uve utilizzate per la produzione del vino su cui è apposto il marchio.
Le caratteristiche del prodotto sono connesse all'ambiente naturale a fattori umani. Rispettano uno specifico disciplinare di produzione approvato con decreto ministeriale.
Dal 2010 la classificazione DOC è stata ricompresa nella categoria comunitaria DOP, insieme alla dicitura DOCG, la Denominazione di Origine Controllata e Garantita.

DOP


Denominazione d' Origine Protetta
come ad esempio il salame di Varzi o il prosciutto di Parma.
I prodotti con questa etichetta vengono coltivati/allevati e lavorati nella zona geografica dove il prodotto ha origine secondo speciali disciplinari. Quindi il prosciutto di Parma proviene da carni nate, allevate e lavorate nel territorio parmense.

Correzione del 24 aprile 2016 ad opera di
Fabio Riccio, Critico gastronomico & Food Advisor (gastrodelirio.it):

Un prodotto con la Denominazione di Origine Protetta (DOP) vede le fasi di produzione, trasformazione ed elaborazione avvenire in un'area geografica delimitata. Chi fa prodotti DOP deve attenersi alle rigide regole produttive stabilite nel disciplinare di produzione. Il rispetto di tali regole è garantito da uno specifico organismo di controllo.

Per il prosciutto di Parma ad esempio, come possiamo leggere dal Disciplinare di produzione della denominazione di origine protetta «Prosciutto di Parma» alla pagina 7, è lavorato e stagionato in un preciso territorio della provincia di Parma, ma la materia prima (le cosce) possono arrivare da altre regioni, e per fortuna solo italiane:

La zona tipica di produzione del prosciutto di Parma così come individuata dalla legge 13 febbraio 1990 n° 26, ed ancor prima la legge 4 luglio 1970 n°506 comprende il territorio della provincia di Parma (regione Emilia Romagna - Italia) posto a Sud della via Emilia distanza da questa non inferiore a 5 chilometri fino ad una altitudine non superiore a 900 metri, delimitato ad est dal corso del fiume Enza e ad Ovest dal corso del torrente Stirone.
Nella zona di cui al punto C.1 devono essere ubicati gli stabilimenti di produzione (prosciuttifici) ed i laboratori di affettamento e confezionamento e devono quindi svolgersi tutte le fasi di trasformazione della materia prima previste dal disciplinare.
La materia prima proviene da un'area geograficamente più ampia della zona di trasformazione, che comprende il territorio amministrativo delle seguenti Regioni: Emilia Romagna, Veneto, Lombardia, Piemonte, Molise, Umbria, Toscana, Marche, Abruzzo e Lazio (Italia)
”.

Quindi… quando si mangia una fetta di questa eccellenza Italiana, mangiamo di certo cosce di suino lavorate secondo il disciplinare, ma… allevate in altre regioni. Ciò avviene come sempre per soddisfare il fabbisogno dei consumatori: quando la richiesta supera la quantità di produzione.
Stesso discorso si può fare per il Prosciutto di San Daniele dove, a fronte di un disciplinare molto simile a quello del Parma, anche qui la materia prima arriva da altre regioni.

Non parliamo poi della Bresaola della valtellina dove la stragrande maggioranza della materia prima arriva da nazioni estere (mangiamo tanto Zebù Brasiliano) stante un disciplinare di produzione dalle maniche troppo larghe che non difende di certo il consumatore.


IGP

Indicazione Geografica Protetta
Qui la legge stabilisce che la coltivazione/allevamento e lavorazione del prodotto debbano avvenire in una determinata zona geografica.
Ad esempio la bresaola della Valtellina proviene solo per l' 1% da carni valtellinesi, il resto proviene da carni europee e sudamericane.
Il pomodoro pachino invece viene sì coltivato in Sicilia, ma i semi degli stessi sono selezionati da un' azienda israeliana, la Hazera Genetics (www.hazera.com).Quindi il prodotto Igp non significa 100% made in Italy

STG

Specialità Tradizionale Garantita
Questo marchio va su prodotti che dipendono dalla loro "composizione tradizionale", ovvero prodotti tipici di Paesi esportati all' estero.
Qui il prodotto può essere (per legge) prodotto da qualsiasi Paese.
Ad esempio, uno dei due prodotti tradizionali italiani riconosciuti al mondo è la pizza napoletana (l'altro è la mozzarella), la quale si può riproporre in un'altra nazione rispettando le caratteristiche della tradizione ma non necessariamente utilizzando i prodotti campani che comunque sono riconosciuti come unici a dare quel sapore e specialità al prodotto.
IGT

Indicazione Geografica Tipica
Si tratta di un riconoscimento di qualità attribuita ai vini da tavola caratterizzati da aree di produzione generalmente ampie e con disciplinare produttivo poco restrittivo. L'indicazione può essere accompagnata da altre menzioni, quali quella del vitigno.




E dunque abbiamo capito che gli inutili allarmismi dei quotidiani e di Coldiretti (la quale non è nuova a questi allarmi - ecco una mia lettera a loro spedita, alla quale non hanno mai risposto), sono totalmente campati in aria, perché le aziende non hanno l'obbligo di riportare la provenienza di ogni alimento dei loro prodotti confezionati, l'importante è che rispettino le norme relative ai pestici e ogm e quelle igienico-sanitarie

OGM E PRODOTTI BIOLOGICI
Per quanto riguarda gli Ogm, la legge stabilisce che un prodotto non è un Organismo Geneticamente Modificato (quindi è biologico), se lo stesso ha meno dello 0,9% del proprio DNA modificato.Quindi, un pomodoro modificato geneticamente solo dello 0,4% non è OGM, uno modificato del 1% lo è. Certo, molti si sentiranno presi in giro, ma la legge è così.
Il vino biologico ad esempio non esiste, perchè durante il processo di lavorazione in cantina, viene mescolato con altre sostanze, come il metabisolfito di potassio, ritrovando sulle etichette la dicitura contiene solfiti.
Ah, e anche gli alimenti che compongono un prodotto biologico spesso provengono dall'estero (a meno che non sia esplicitamente riportato sull'etichetta. Molto spesso i prodotti biologici sono identici a quelli classici, solo che costano di più. I requisiti per stabilire che un'azienda sia bio sono precisi (anche se non dovrebbero essere definite bio, perché raccolgono con i mezzi meccanici e usano concimi) e risulta impossibile che esistano così tante aziende bio. La storia che termina con l'esplosione della "bio-mania" è lunga, ma farò poi un articolo a parte per farvela conoscere.

E comunque anche se acquistate ortaggi e frutti locali (come si suol dire "a km zero"), mangerete sempre prodotti con pesticidi. Ricordate la giostra Bruco Mela? Beh, è una giostra ispirata ad una leggenda:l'esistenza di bruchi verdi nelle mele! Si dice che questi bruchi buchino le mele e ci entrino per farci la propria casa e mangiarne il frutto. È solo una leggenda però, visto che le nuove generazioni non hanno mai visto una mela bucata. Al massimo un po' marcia, ma con un buchino ed un verme, proprio no.
Secondo voi perché?
[può interessanti "Pestici negli alimenti? È del tutto legale"]

Ah, una piccola parentesi sulla bufala
"La Parmalat comprerà latte cinese"

L'annuncio della Parmalat sulla propria pagina Facebook dopo i tantissimi commenti delle persone imbufalite per la notizia (visibile anche da chi non è iscritto a Facebook)
https://www.facebook.com/Parmalat/posts/1353382931342242?comment_id=1354090834604785&comment_tracking={%22tn%22%3A%22R0%22}
La notizia partì da un annuncio dell'europarlamentare Renata Briano, del Pd
http://www.ansa.it/europa/notizie/rubriche/altrenews/2016/04/12/lattenessun-rinnovo-con-lactalisbrianopd-chiede-fondi-ue_69274643-8cfb-40b8-9f59-7d772a332f6c.html
La "sbufalata" della notizia
http://www.butac.it/boicotta-la-parmalat/

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Link delle fonti

Pe la correzione del punto di questo articolo relativo al marchio DOP, ringrazio, per il suo intervento
Fabio Riccio
Critico gastronomico & Food Advisor

Via America, 34
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